domenica 29 maggio 2011

Muore Miep Gies, la donna che scoprì i diari di Anna Frank

Il 12 gennaio 2010 é morta Miep Gies. La donna che aiutò, ad Amsterdam, la famiglia di Anna Frank, la ragazzina ebrea diventata uno dei simboli della Shoah, a nascondersi e custodì il suo diario quando arrivò la Gestapo.

Miep Gies è sopravvissuta all’Olocausto, ha rischiato di essere deportata a causa della coraggiosa scelta di nascondere la famiglia Frank.

La donna e´ morta in una casa di riposo in Olanda alla splendida eta´ di 101 anni in seguito ad una caduta accidentale nel periodo natalizio. Miep Gies, era l´ultima superstite del gruppo che tra il luglio 1942 e l´agosto 1944, aiuto´ a nascondere Anna Frank, i genitori, la sorella e altre quattro persone nella celebre casa sul Prinsengracht, ad Amsterdam, poi diventata un museo.

Dalla deportazione, da quel viaggio lungo senza ritorno, sopravvisse solo il padre di Anna, a cui Miep Gies riconsegnò il diario che aveva custodito gelosamente. Il diario di Anna Frank divenne un best seller mondiale. Una testimonianza vivida e toccante degli orrori dell’Olocausto.

La Shoah, che rimane uno degli episodi storici più drammatici del secolo scorso, si può considerare uno dei più grandi orrori perpetrati all’umanità nel mondo.

Miep Gies era europea e cristiana e ha dedicato gran parte della sua vita a fronteggiare l’ Olocausto. Questo ci insegna ad amare il diverso svincolandoci dal razzismo e l’odio tra tutte le cofessioni religiose.

Per due anni, Miep Gies ha nascosto, sfamato, ha passato libri e tenuto compagnia alla famiglia Frank. Quando per una delazione, i Frank, vennero deportati, la donna ha conservato ogni segno di quel disperato tentativo di sfuggire alla persecuzione, affinché venisse tutto ricordato e documentato così com’era . Si adoperò molto anche contro i cosiddetti negazionisti e contro quanti sostenevano che quello scritto era un falso. Nell’Europa che dovrebbe essere democratica e aliena a ogni conflitto interreligioso, anche noi oggi dovremmo seguire l’esempio di Miep Gies.

Lidia Lebowitz

Data di nascita: Sarospatak, Ungheria

ca. 1934
















La più giovane di due sorelle, Lidia nacque da genitori ebrei che vivevano a Sarospatak, una piccola città nella parte nord orientale dell'Ungheria. I genitori di Lidia possedevano una fiorente azienda di tessuti; a quel tempo, gli abiti prodotti in serie erano ancora rari nelle zone di campagna, così gli abitanti dei dintorni acquistavano i tessuti nel negozio dei Lebowitz per farsi poi confezionare i vestiti dai propri sarti. p>1933-39: Lidia aveva due anni quando sua zia Sadie, che era emigrata negli Stati Uniti molti anni prima, arrivò in visita con i suoi due figli, Arthur e Lillian. I cugini si divertirono molto a giocare tutti insieme nella fattoria dei loro nonni. Durante il viaggio di ritorno in America, la nave sulla quale si trovava la zia di Lidia si fermò ad Amburgo, in Germania, dove la zia Sadie vide i Nazisti marciare per le strade: la sua preoccupazione per il destino della sua famiglia rimasta a Sarospatak aumentò.

1940-44: Nel 1944 le armate tedesche occuparono l'Ungheria e un mese dopo l'invasione, i gendarmi ungheresi, in seguito a ordini dei Nazisti, sfrattarono Lidia e la sua famiglia dalla loro casa. I Lebowitz trascorsero tre giorni nell'affollata sinagoga locale, con centinaia di altri cittadini ebrei, dopo di che vennero tutti trasferiti nella vicina citttà di Satoraljaujhely, dove circa 15.000 Ebrei furono stipati in un ghetto nella zona della citttà abitata dalla popolazione Rom. Da quel momento, la difficoltà maggiore per i residenti del ghetto fu quella di trovare cibo sufficiente per sopravvivere.

Tra il maggio e il giugno del 1944 il ghetto venne liquidato e tutti gli Ebrei vennero deportati ad Auschwitz, su vagoni merci sigillati. Di Lidia e della sua famiglia non si seppe mai più nulla.

sabato 28 maggio 2011

E’ morta Frau Beetz: la spia che doveva rubare i diari di Ciano

Bonn, 31 marzo 2010 – (Adnkronos) – Hildegard Burkhardt, l’ex spia tedesca incaricata dal regime nazista di impossessarsi dei diari del conte Galeazzo Ciano mentre si trovava in prigione, è morta lunedì scorso a Bonn all’età di 90 anni. Secondo la leggenda, da spia si trasformò nell’amante del genero di Mussolini, aiutando infine la fuga di Edda Ciano in Svizzera, dove riuscì a mettere in salvo i diari del marito. La notizia è stata riportata dal sito internet tedesco Trauer.de. Passata alla storia come Frau Felizitas Beetz, fu segretaria del tenente colonnello Wilhelm Hottl, capo del servizio segreto tedesco in Italia. Controverso e misterioso personaggio, dotata di ottima cultura e di notevole padronanza della lingua italiana (si era laureata in letteratura italiana all’Università Lipsia), ricevette, all’età di 22 anni, l’incarico di tentare di farsi consegnare da Galeazzo Ciano i suoi diari, considerati compromettenti per gli alti gerarchi nazisti (in particolare da Joachim von Ribbentrop) oltre che da Adolf Hitler. Per raggiungere il suo scopo, Frau Beetz frequentoò assiduamente la cella numero 27 del carcere in cui fu rinchiuso Ciano, arrestato perchè tra i componenti del Gran Consiglio del Fascismo che il 25 luglio del 1943 determinarono la caduta del regime fascista. Invece di impegnarsi a trovare i diari di Ciano, alla fine Beetz cercò di salvare il conte Galeazzo, marito di Edda, figlia di Benito Mussolini. Felicitas Beetz partecipò a tutte le udienze del processo di Verona, ritornando ogni sera al carcere degli Scalzi per rincuorare Galeazzo. Assistette Ciano fino all’ultimo momento, fin quando questi venne trasferito al poligono di Porta Catena per l’esecuzione. Dopo la fucilazione di Ciano (11 gennaio 1944), fu Frau Beetz a consegnare gli ultimi oggetti di Ciano alla madre, Carolina, ricoverata, perche’ ammalata di cuore, nella casa di salute La Quiete di Varese. In occasione di quell’incontro, Frau Beetz confidò a Carolina Ciano: “Io ho amato Galeazzo, contessa. E lo amo ancora. E’ stato il grande amore della mia vita”. Sembra che Edda Mussolini avesse visto nella spia tedesca, più che una rivale, un’alleata. Questa circostanza appare confermata anche nelle sue memorie, in quanto Felicitas, insieme al conte Emilio Pucci, aiutò Edda a fuggire con i bambini in Svizzera. La fuga in Svizzera di Edda e la sua famiglia consentirono che gli esplosivi diari di Galeazzo Ciano potessero essere salvati e consegnati alla storia. Dopo la seconda guerra mondiale, Hildegard Burkhardt lasciò l’Utalia e ritornò in Germania. Dopo aver divorziato dal primo marito, Gerhard Beetz, si risposò con Carl-Heinz Purwin, dal quale ebbe un figlio, Ulrich. In seguito intraprese una brillante carriera di giornalista con il nome di Hilde Purwin. Fu, tra l’altro, corrispondente del quotidiano “Neue Ruhr Zeitung” da 1951 fino a 1984.

Il diario di Helga Deen

Helga Deen (1925-1943) è autrice di un Diario, conservato oggi presso l’Archivio Regionale di Tilburg (Olanda). La giovane ebrea, diciottenne (nella foto), fu uccisa dai nazisti nel campo di sterminio di Sobibor, il 16 luglio 1943. Il Diario è stato consegnato all’Archivio dal figlio di Kees van den Berg, che da giovane fu amato da Helga e ne ricambiò i sentimenti. Il diario si è salvato, con alcune lettere, perché Helga lo nascose in una borsa. Le 21 pagine, alcune delle quail riportano disegni di Helga, ci raccontano gli ultimi giorni della ragazza nel campo di Vugh, in Olanda, prima del fatale trasferimento a Sobibor. Se non ha la lunghezza o la complessità del Diario di Anne Frank, quello di Helga è storicamente importante almeno come quello di David Koker, pubblicato nel 1977. Helga Deen stava frequentando l’ultimo anno alle scuole superiori di Tilburg quando fu arrestata con la famiglia e deportata a Vugh, il 1° aprile del 1943. Fu sistemata nella Baracca 34B. 31.000 persone, la metà ebree, furono rinchiuse a Vugh fra il mese di gennaio 1943 e il settembre del 1944. Vugh era l’unico campo di concentramento diretto dale SS fuori dalla Germania. Il 5 giugno 1943 fu annunciato che tutti I bambini sarebbero stati trasportati via dal campo. Il primo convoglio, carico di bambini fino a tre anni di età, partì il giorno dopo. Il 7 giugno partirono I ragazzi da 4 a 16 anni, con le loro madri o padri. In totale, 1269 bambini e ragazzi ebrei furono trasferiti da Vugh a Westerbork e subito a Sobibor, dove furono sterminati poco dopo l’arrivo. Helga descrisse i trasferimenti dei piccoli e la disumanità dei loro carnefici. Helga iniziò a scrivere segretamente il diario, che terminò il 2 luglio 1943, poco prima di essere deportata a Sobibor, dove fu uccisa. Scriveva perché aveva promesso al suo amato di registrare le proprie esperienze e di indirizzargli idealmente più lettere possible. “Carissimo”: così Helga si rivolge a lui nel Diario e nelle cinque lettere. Divisa dai familiari, scrisse nell’ultima lettera , datata 2 luglio 1943: “Quello che stiamo passando in questi mesi è indescrivibile e per chi non ne abbia avuto esperienza, inimmaginabile”.

LEON DEGRELLE


Nato da una famiglia di origine francese espatriata nel 1901, dopo l’espulsione dei gesuiti di Francia, Leon Degrelle frequentò la scuola al Collegio di Notre Dame de la Paix a Namur (Belgio). Durante il periodo degli studi a Loviano (1927 – 1930) inizia ad occuparsi di giornalismo (L’Avant Garde), di letteratura e di poesia. Nel 1929 diventa redattore capo del quotidiano “Il XX Secolo” di Bruxelles. Viaggia in Italia, conosce il Fascismo e l’Azione Cattolica. Vive qualche tempo in Messico, clandestino, in mezzo ai partigiani cattolici, i “Cristeros”.
Tornato nel 1931 dirige l’Azione Cattolica belga e poi, nel 1935, fonda il movimento Rex. Come nella maggior parte degli Stati europei, negli anni tra i due conflitti mondiali, la democrazia parlamentare fu messa in causa da molti settori politici perché non riusciva a risolvere lo stato di crisi del Belgio. Dentro al partito cattolico i tentativi di rinnovamento si diversificarono in varie direzioni: la decristianizzazione voluta da Picard cercava di raccogliere simpatie a sinistra, mentre l’altra corrente, di carattere borghese, seguiva una linea politica filo – francese ed antitedesca. Solo Degrelle riuscì a superare questa crisi grazie alla sua figura di leader oratore, giornalista, poeta, deputato e soldato. Appoggiò in pieno la causa Nazionalsocialista, tanto che decise di partire con un gruppo di volontari per il fronte dell’Est l’8 agosto 1941 come soldato semplice. Tra il ’41 ed il ’43 combattè sul Caucaso, conquistando i gradi sul campo di battaglia fino a diventare un comandante della Waffen SS.


Continuò la sua scalata nella scuola di Bad Tolz. Tornato in Russia, si distinse nel rompere l’accerchiamento sovietico a Tcherkassy. Fu convocato da Hitler che lo designò Cavaliere della Croce di ferro, rendendolo popolarissimo anche in Germania. A guerra ormai perduta riuscì rocambolescamente a raggiungere le coste spagnole dove iniziò il suo dopoguerra fra alti e bassi finanziari, ma sempre fermo nella sua fede. Riportiamo di seguito alcuni brani tratti da un’intervista avvenuta nella sua casa di Malaga il 1°marzo 1988.
“Noi (…) eravamo soldati che proiettavano nella lotta le loro idee, e che si preparavano alla costruzione dell’Europa. Ma questa concezione dell’Europa non è arrivata subito (…). È stata la guerra che, spingendo i Tedeschi fuori dal proprio Paese ha fatto capire loro cosa succedeva negli altri Paesi. Ha fatto anche sì che negli altri Paesi vedessero i Tedeschi e potessero rendersi conto di cosa fossero, e che eravamo tutti degli europei, nonostante tutte le lotte e gli odi eravamo tutti la stessa gente (…). C’era il grande motore germanico, la Germania è nel centro dell’Europa, è un Paese che ha il senso dell’organizzazione, del lavoro, della perfezione, vi stava benissimo come elemento trainante. Ma accanto esisteva tutto questo meraviglioso mondo occidentale e la sua civiltà bimillenaria.

Che cos’era Berlino con i maiali che camminavano nella sabbia della strada, mentre Parigi era uno dei centri maggiori dell’universo, 1500 anni dopo che Roma era stata la capitale del Mondo? Era evidente che questo progetto germanico da solo non avrebbe mai potuto fare l’Europa, aveva bisogno del grande sostegno occidentale, ed è lì che ho concentrato i miei sforzi, per far risorgere una grande unità occidentale da unire al centro Europa ma anche all’universo mondo slavo (…). Questo è sempre stato il mio progetto (…). L’Europa dal Mare del Nord fino a Vladivostok. Un’Europa che avrebbe dato ai giovani di oggi qualsiasi possibilità, un’Europa di 10000 Km di estensione per le attività di tutta la gioventù, invece di avere, come oggi, 16 milioni di disoccupati nel mercato comune. Tutti questi giovani avrebbero potuto realizzare qualsiasi cosa passasse loro per la testa (…)


 
Chiaramente, noi abbiamo perso la guerra non perché ci mancasse coraggio; per quattro anni l’epopea dell’Europa sul fronte russo è stata la più grande avventura militare della storia. Anche questo è incredibile, che la gente non dia importanza ad un fatto del genere (…), che per quattro anni ci sia stato un fronte favoloso, di 3000 Km di lunghezza, una lotta che ha messo di fronte decine di milioni di uomini; il caso delle Waffen SS, un esercito di un milione di volontari, non si era mai vista una cosa simile. Di questo non se ne parla, né dell’eroismo inaudito che è stato dimostrato. Si pensi solo al percorso da Stalingrado a Berlino; abbiamo resistito 1000 giorni, 1000 giorni resistendo palmo a palmo, sacrificio dopo sacrificio, centinaia di migliaia di uomini che morivano per impedire che i sovietici avanzassero troppo in fretta. Con Stalin che diceva: “Lo zar è andato a Parigi. Ci andrò anch’io”. Era evidente che se avessimo fatto come i francesi nel 1940, squagliarcela quando la lotta diventava troppo pericolosa, i russi avrebbero conquistato tutta l’Europa in un batter d’occhio, molto prima che gli americani sbarcassero in Normandia, 1000 giorni! E se avessimo resistito soltanto 100 giorni, sarebbero arrivati a Parigi o sarebbero andati a dormire nel letto del maresciallo Petain a Vichy. Noi abbiamo salvato l’Europa o quanto ne rimane ancora adesso.
 


Se i francesi non sono come i cecoslovacchi è unicamente perché siamo morti a migliaia per loro. E allora invece di insultarci dalla mattina alla sera ci dovrebbero dire: “Siete stati veramente bravi, grazie!” (…). Si dice sempre: “Ma perché Hitler si è lanciato in questa avventura?”. Si è lanciato perché, se avesse aspettato un anno o due, Stalin sarebbe arrivato di corsa. Ora ci sono tutti i documenti che stabiliscono che aveva creato più di 120 nuove divisioni, 60 nuovi campi di aviazione. Che già allora era arrivato ad avere 32000 carri armati contro i 3000 dei tedeschi; è in quel momento che hanno preteso i Balcani e abbiamo capito che era finita. (…) La vittoria degli altri è stata un disastro. Tutto quello che hanno portato è una falsa civiltà, la civiltà americana, purtroppo, la civiltà dei consumi, del piacere, si pensa solo ad andare a divertirsi, gioie passeggere; la vita di famiglia è stata annientata, la vita religiosa distrutta: tutto questo è molto demoralizzante. Un giovane si chiede: “Ma cosa si può fare? (…) Ma si può ancora sperare?”. Rispondo loro: in tutte le epoche nel mondo ci sono state grandi crisi e a volte quando non è stato fatto uno sforzo tutto è crollato, come ad esempio la caduta dell’Impero Romano; prima c’era stata quella della Grecia, prima quella dell’Egitto.



Ma ci sono state anche grandi rinascite, come ad esempio l’Italia che ha vissuto la decomposizione e ora è più importante dell’Inghilterra; la Germania, che 50 anni fa non era altro che rovine, ora è un Paese fiorente. Significa che si può sempre ricreare. Diranno: “Ma non siamo numerosi”, ma non è un numero a fare la forza dei popoli e dei grandi movimenti rivoluzionari, è la potenza dell’anima, è la gente con una grande volontà, un grande ideale che si vuole vedere trionfare (…). Ebbene è a questo che bisogna credere, credere che tutte le possibilità sono nell’uomo, che se i giovani le vogliono e lo vogliono, un giorno troveranno l’opportunità e un giorno nascerà l’uomo, perché tutto è una questione di uomini. È il grande uomo a raccogliere le aspirazioni di tutti e a farle vincere. E la sfortuna dell’Europa di oggi è che non c’è nessuno. Ai nostri tempi ce n’erano finché si voleva: c’era Hitler, c’era Mussolini, c’ero io in Belgio, c’era Franco, c’erano i polacchi, c’erano i turchi, tutti avevano un capo, era sorprendente; ora non ci sono più che larve politiche (…). Per 50 anni l’Europa sono stati incapaci di farla, dopo 50 anni sono ancora lì che dissertano di miserabili questioni finanziarie, questioni di salami e maiali, di polli; sono ancora lì. Così si vede che questa soluzione è falsa; la sola vera è quella che abbiamo avuto noi (…). Sul caminetto del mio esilio ho fatto incidere queste parole: “Un po’ di fuoco in un angolino del mondo e tutti i miracoli di grandezza restano possibili.” Tutto è possibile, ragazzo ragazza che mi ascolti, fede nella vita!”.



Leon Degrelle e Adolf Hitler





Alcune immagini di Adolf Hitler e sua moglie Eva Braun al Berghof (a colori)


Eva Braun. . . Una vita



The Life And Death Of Eva Braun


Eva Braun Viaggio in Italia (1941) 



foto di Eva Braun


Adolf Hitler,Albert Speer e Eva Braun


Ritratto di Eva: autore Adolf Hitler

Leni Riefenstahl

Helene Bertha Amalie Riefensthal nasce a Berlino il 22 agosto 1902. Figlia di un funzionario governativo, dopo gli studi inizia ad occuparsi di danza lavorando presso il Balletto russo di Berlino. Unisce l'amore per il cinema e per la montagna interpretando i primi film con Arnold Franck. Esordisce come ballerina e seduttrice nel 1925 in La montagna dell'amore, proseguendo il filone montanaro, molto apprezzato nella Germania pre-nazista, con La tragedia di Pizzo Palù (1929). Dopo l'esperienza nella pellicola del grande Pabst passa dietro la macchina da presa per dirigere la bella maledetta, da lei interpretato e scritto assieme a Bela Balasz.
Ma la svolta per la sua carriera arriva con l'ascesa del nazismo. Considerata una delle donne più belle e affascinanti del terzo Reich, che suscitava l'invidia di mogli e amanti dei gerarchi, da Goebbels a Hitler, la Riefnsthal sposa i principi estetici del regime portandoli con il suo cinema alla massima espressione. Per espresso desiderio di Hitler realizza nel 1935 Il Trionfo della volontà, un documentario celebrativo sul congresso di Norimberga del '34 per ricordare la presa del potere l'anno precedente. Per questo lavoro finanziato dal partito nazista riceve mezzi enormi. E il risultato, davvero impressionante, è l'espressione della concezione nazista dell'arte subordinata alla politica. Una concezione che sarà ripresa, ma alla massima potenza, nel 1936 con Olympia, il documentario sulle Olimpiadi di Berlino del 1936: con 40 operatori e una disponibilità illimitata di mezzi tecnici la regista realizza un'opera di oltre tre ore, in cui i primi piani sui corpi degli atleti e sulle bandiere naziste, uniti ai campi lunghi sulla massa devota al Fuhrer, esprimono il mito della superiorità della razza ariana.
Arrestata nel 1945 e giudicata da un tribunale occidentale, dopo quattro anni di carcere la Riefnsthal viene assolta e rilasciata. Negli anni '60 si trova in Africa per girare documentari su una tribù nubiana e per reportages fotografici di grande successo. Continua a girare documentari fino alla fine dei suoi giorni, avvenuta l'8 settembre del 2003 a 101 anni. La Riefensthal ha sempre negato di avere aderito al nazismo e di aver avuto una relazione col Fuhrer spiegando di essersi interessata, solo e sempre, all'arte. Una tesi che ha lasciato tutti perplessi.

Curiosità

• Una delle donne più potenti del terzo Riech, alla Rifensthal si attribuiscono flirt con Hitler e Goebbels, da lei sempre smentiti. La biografia di Juergen Trimborn rivela che nei primi anni '30 la Rifensthal era l'unica in possesso della chiave dell'appartamento privato di Hitler. E che erano numerose le visite dopo le 11 di sera...

• Il ministro della propaganda nazista Goebbels andò su tutte le furie quando vide nel film Olympia le immagini del nero Jesse Owens trionfare a Berlino. Da lì in poi fece di tutto per rovinarla.

• Con la caduta del nazismo Leni finì in carcere. 4 anni di denazificazione sotto il controllo americano. Poi venne processata da un tribunale occidentale e assolta.

• Di recente aveva trovato il modo di impedire all'attrice Jodie Foster di trarre un film dalla sua autobiografia "Stretta nel tempo".

• Il suo ultimo grande amore dopo la montagna e l'Africa fu il mondo sottomarino. Prese il brevetto a 70 anni suonati. Dopo tre decenni di immersioni esce il suo ultimo capolavoro: "Impressioni sottomarine".

• Nel 2000, all'età di 97 anni, è rimasta in ospedale molte settimane per riprendersi da un incidente in elicottero in Sudan durante le riprese di un documentario. Si era "solo" rotta le gambe.

• Il suo ultimo compagno è stato Horst Kettner, di 40 anni più giovane di lei.

I BAMBINI EBREI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO


Le atrocità messe in atto durante la Seconda Guerra Mondiale dai fascisti e dai nazisti verso il popolo ebraico non si sono limitate solo allo sfruttamento e all'annientamento degli adulti, ma anche all'uccisione di migliaia di bambini innocenti. Di questi piccoli, i pochissimi che sono sopravvissuti e non solo, sono giunte fino a noi poche testimonianze; tra queste vi sono delle bellissime poesie scritte di nascosto e anonime, che ci danno l'idea di come hanno vissuto all'interno dei campi in cui erano costretti, alle difficoltà, al dolore e all'incredulità. Vi proponiamo alcune di queste:


GIOCHI


Non giocavamo come gli altri bambini,
sempre più incerti i nostri destini.
Il nostro gioco, un mucchio di rifiuti,
e i tesori trovati,da noi benvenuti.
Così i desideri venivan placarti
trovando resti di sogni umiliati.
Mettevano alla prova l immaginazione:
chi fa d 'un gran pranzo migliore finzione?
"Non sprecare energia, non correre intorno,
salva le scarpe, usale poco nel giorno!"
Su una scacchiera da noi disegnata,
muovevano bottoni di giacca buttata.
"la caccia alle pulci ti ha sfinita?
Sulla cuccetta facciamo una partita."
passavano i carri dei corpi, tanti,
voltavamo la testa e intonavamo canti

PACE


Una piccola ghianda dà a molti alberi la vita,
piccole gocce fanno una distesa di mare infinita.
nulla è impossibile se noi ci proviamo,
il minimo albero tocca il cielo col ramo.
Possiamo non essere d 'accordo in pensiero,
tutte le madri piangono lungo il sentiero.
ma se fiori nascono da sabbia nel deserto,
l 'odio può trasformarsi in amore.
Facciamo cessare la guerra
Ci sarà pace su questa terra
cogli con le spine anche la rosa,
un mondo di pace sopra ogni cosa.
Il latte col miele lasciate mischiare,
dove c'è volontà, c'è una via da imboccare.
Respingete ogni manovra, rifiutate la spada,
dobbiam cercare il cuore, seguirne la strada.
Insieme possiamo sopravvivere e vincere,
il tempo è ora, un ' occasione da cogliere.
Facciamo cessare la guerra,
ci sarà pace su questa terra.

IO SONO UNA STELLA


Solo bimbi “speciali” han sul petto una stella,
sin da lontano io sono vista per quella.
Mi han messo un marchio proprio sul cuore,
lo porterò fiera in tutte le ore.
La stella, si dice, è un premio, ma strano,
un uso che giunge da un tempo lontano.
Io so tutto quanto la stella rivela
E cercherò che essa diventi una vela.

Io sono una stella!

Papà mi diceva di scansare i guai,
ritorna presto chè non si sa mai.
Per me il giallo stella è come oro,
non voglio offenderlo e farne il mio alloro.
Ora sto qui eretta e orgogliosa,
urla, mia voce, ma silenziosa:
“Sono ancora persona in realtà,
mio è lo spirito, la volontà”.

Io sono una stella!


UN ANGELO IN INFERNO


Tra i rifiuti, per bucce di patate,
senza alcuna colpa ai morti rubate.
Nulla cambiava:fermo era il tempo.
Qualcuno di buona volontà o solo l 'empio?
Su questo pianeta buio e disperato,
un angelo venne in aiuto, insperato.
il suo figlioletto la mano le teneva
e lei madre di tutti esser voleva.
Anche da noi qualche volta veniva
portando cibo e altre cose che offriva.
La straniera ci tendeva le mani e il cuore,
senza far domande, senza rancore.
La madre e il figlio, dall'abisso inghiottiti
mai più i baci vitali li hanno sentiti.
Chiedo la risposta al mio cuore, forte:
c' era giustizia nella sentenza di morte?

domenica 22 maggio 2011

GASARE, BRUCIARE E SEPPELLIRE: LE RELATIVE CAPACITÀ ATTRIBUITE AI CAMPI DELL’ "AKTION REINHARDT"

Nella foto donne ebree nel ghetto di Varsavia Luglio 1942











Mettiamo il caso, parlando in via ipotetica, che qualcuno voglia progettare e attuare un procedimento sistematico per lo sterminio di centinaia di migliaia di persone, in un periodo di tempo breve, utilizzando gas venefico. Come potrebbe riuscirvi? Questo è il problema che deve essersi presentato a certi individui di alto rango del regime nazista, verso la fine del 1941 – se dobbiamo credere alla versione convenzionale dell’Olocausto.O forse fu molto tempo prima. In realtà, i media occidentali riferivano da diversi anni prima che i tedeschi volevano “sterminare” gli ebrei.



Il 16 agosto 1933, il New York Times scrisse che “600.000 [ebrei] in Germania hanno la prospettiva di uno sterminio certo (p. 11)”.
Tre anni dopo quello stesso giornale dibatteva una petizione che condannava le “intollerabili sofferenze di milioni di ebrei nell’olocausto europeo”, e chiedeva “misure energiche per salvare questi milioni di sventurati dalla totale distruzione” (31 maggio 1936; p. 14).
Nel 1938, il London Times scrisse della “terribile persecuzione degli ebrei in Germania”, rimarcando che la Germania era “un paese che sembrava disposto…a sterminare una parte della sua popolazione” (14 dicembre; p. 11). Nel giugno del 1940, il New York Times riferì che “sei milioni di ebrei sono destinati alla distruzione”, e che essi erano di fronte al “pericolo della distruzione fisica” (25 giugno; p. 4).
Dico subito che, nonostante tali dicerie, non abbiamo prove chiare che né Hitler né nessun altro dei nazisti al vertice cercassero di uccidere milioni di ebrei; sembra invece che il loro piano fosse la deportazione e l’espulsione, assieme a vaste misure di lavori forzati.

Ma presupponendo che essi volessero lo sterminio fisico, prendiamo in considerazione la prospettiva di qualche sconosciuto individuo di medio livello delle SS a cui era stato dato il compito di progettare uno schema rapido ed efficiente di sterminio. Probabilmente, costui si trovava ad operare a Lublino, e faceva riferimento a Odilo Globocnik (nella foto l'SS- und Polizeiführer für den Distrikt Lublin Odilo Globocnik ), quando nell’ottobre 1941 arrivò da Himmler l’”ordine verbale” di mettere a punto un tale sistema.Né c’era alcun ordine scritto, da parte di Himmler, Goebbels, Hitler, o di qualsiasi altro.Nella foto Fritz Reinhardt,segretario di Stato al Ministero delle Finanze del III°Reich,il suo nome diede il "titolo" all'azione della raccolta degli averi delle persone deportate.



Il nostro amico deve essersi trovato in un terribile pasticcio: come ci ricorda Raul Hilberg, non c’era né un piano né un budget per una tale attività.

A quanto pare, gli era semplicemente stato detto di “farlo succedere”, o qualcosa del genere (chiunque abbia mai lavorato in un grande apparato burocratico può sicuramente capire la situazione del poveruomo).

Alla fine del 1941, il Reich aveva visto un enorme aumento del numero di ebrei sotto il suo controllo. Ad un certo punto degli anni ’30, vivevano nella Germania vera e propria 600.000 ebrei, sebbene con l’avvento di Hitler ne fuggivano a migliaia ogni anno. Con l’Anschluss dell’Austria nel marzo del 1938, ne entrarono nel Reich altri 200.000 – ma anche molti di questi fuggirono. Tutto ciò non era certo motivo di preoccupazione per la classe dirigente nazista; loro non desideravano maggiormente che mandare via gli ebrei. Fu a questo punto, in realtà, che vennero fuori i primi piani concreti per espellerli. Goebbels scrisse nel suo diario dell’11 aprile che “Il Führer vuole gli ebrei totalmente cacciati dalla Germania. In Madagascar, o in qualche altro posto. Giusto!”.
 
Con la rapida presa di possesso tedesca della Polonia nel settembre 1939, altri 1.700.000 ebrei finirono sotto il controllo nazista. Insieme ai circa 250.000 che ancora vivevano in Germania e in Austria, il totale arrivava a circa 2 milioni. Vennero fatti circolare alcuni progetti su come affrontare il crescente problema ebraico, inclusi il progetto Nisko (per una riserva ebraica in Polonia), la deportazione di massa o la ghettizzazione, e il piano Madagascar .



Mentre si formava l’alleanza  dell’Asse  e  la guerra  si  allargava, i  tedeschi  conquistarono  ulteriori territori (i Paesi Bassi, all’inizio di maggio 1940, la Francia, alla metà di giugno) insieme a migliaia di altri ebrei. Longerich riferisce (2010: 163-164) che le stime interne allora effettuate crebbero da 3.25 milioni alla fine di giugno, a 4 milioni alla metà di agosto, fino a circa 6 milioni (!) alla fine del 1940. E così, nel 1941, la classe dirigente nazista si ritrovò con il problema  rappresentato  da 6  milioni di ebrei.
 
Di questo totale, circa un terzo – per la precisione: 2.284.000 – risiedeva nei cinque distretti della Polonia conosciuti come Governatorato Generale. Secondo la storiografia ortodossa, Globocnik e la sua squadra vennero incaricati di “sterminarli”.
 

Questo piano è stato chiamato Aktion Reinhardt (AR) da coloro che sostengono tale tesi, e secondo costoro riguardò principalmente la costruzione di tre campi nella Polonia sudorientale: Belzec, Sobibor e Treblinka. Se dobbiamo credere al Museo Americano dell’Olocausto, essi alla fine riuscirono ad uccidere 1.700.000 persone nell’arco di circa 18 mesi.

Ma torniamo al nostro sfortunato uomo delle SS. Quando fosse arrivato nell’ottobre 1941 l’ordine verbale, egli avrebbe immediatamente iniziato dei piani per costruire le installazioni di sterminio. Così, cerchiamo di ricostruire il suo percorso mentale. Al nostro uomo viene dato l’ordine vago di uccidere sistematicamente, per poi smaltire, oltre 2 milioni di persone in un certo breve (ma non precisato) periodo di tempo. Diciamo che il tempo assegnatogli quadrava con la durata reale – i 18 mesi – in cui i campi furono operativi, e che lui stimasse di uccidere queste persone in un anno e mezzo. Così doveva progettare un sistema per uccidere, in totale, qualcosa come 130.000 ebrei al mese, o circa 4.200 al giorno, per 18 mesi giusti (inverno incluso, naturalmente).

Dei molti metodi di uccisione a lui disponibili (arma da fuoco, annegamento, soffocamento, assideramento ecc.), il nostro uomo decide inspiegabilmente di gasarli con il monossido di carbonio delle esalazioni di motori diesel. Tralascio qui tutte le assurdità di questo metodo, e ipotizzo in via puramente teorica che [tale metodo] potesse funzionare, e che potesse uccidere locali pieni di persone, nel giro di, diciamo, 30 minuti.

Progettare un solo grande campo di sterminio sarebbe in qualche modo rischioso, così supponiamo che lui decida per due campi – buoni per avere una struttura di supporto, in caso di bisogno. Probabilmente, entrambi avrebbero una conformazione simile, e ognuno sarebbe destinato a gestire metà del compito, vale a dire, circa 2.100 persone al giorno. Così, egli progetta una struttura standard di gasazione a monossido di carbonio: un edificio con tre camere, ognuna, diciamo, di metri 4x5. Supponendo (prudenzialmente) 5 persone per metro quadro, ogni camera poteva gasare 100 persone; così, 3 camere possono gestire 300 persone alla volta.

Allora il nostro uomo calcola un ciclo temporale di due ore – 30 minuti per caricare (simultaneamente) le tre camere, 30 per la gasazione, e un’ora per rimuovere i 300 corpi. Lo sgombero sarebbe relativamente facile: nessun velenoso Zyklon B nelle vicinanze, niente maschere antigas, solo aprire le porte e trascinare via i cadaveri. Calcolando sette di tali cicli al giorno – una giornata di lavoro di 14 ore circa, si ottiene il desiderato tasso giornaliero di 2.100. È uno schema perfetto: due semplici campi costruiti in località remote lungo linee ferroviarie, nessun altra struttura richiesta, il lavoro fatto in un anno e mezzo.

Ah, aspettate…ancora una cosa: lo smaltimento dei cadaveri. Duemila cadaveri al giorno sono tanti. Richiederebbero diversi acri di fosse comuni per contenerli tutti, e anche questo nasconderebbe le prove, ma non le distruggerebbe. Meglio costruire convenienti, e capienti, crematori. Sapendo che ci vuole un’ora per cremare completamente, fino alle ceneri, un corpo, il nostro progettista avrebbe bisogno di 100 muffole (camere di cremazione), che operino 20 ore al giorno, per gestire il carico.

Prendiamo Auschwitz.

Lì i crematori più grandi – i Krema II e III – avevano ognuno 15 muffole. Così, il nostro uomo ha bisogno dell’equivalente di sette crematori come il Krema II per eseguire il lavoro. In ognuno dei campi. E di coke per alimentarli.

Ciò per quanto riguarda l’affermazione “nessun budget, nessun progetto”.

*****


Belzec (nella foto l'ingresso del lager di Belzec)viene, presuntamente, concepita come abbiamo ipotizzato: un edificio con tre camere. Le dimensioni delle camere, tuttavia, sono controverse – o 12 o 32 metri quadri per camera, a seconda dei testimoni.

L’ortodossia sostiene che i tedeschi potevano stipare 10 persone per metro quadro, riuscendo così a gasare o 360 o 960 persone per ogni ciclo. Con un ciclo di due ore, e operando 24 ore su 24 – come asseriscono gli esperti – Belzec poteva così uccidere fino a 4.320 (o 11.520) persone al giorno.

Nella foto la stazione di Sobibor.


Sobibor venne progettato in modo molto simile, tranne il fatto che – per qualche ragione sconosciuta – le tre camere erano ognuna di 16 metri quadri. Con calcoli analoghi, il campo poteva uccidere 5.760 persone al giorno.




I due campi messi assieme, allora, producevano 10.000 (o 17.300) morti al giorno, al massimo.

Confrontate questi numeri con il detto compito: una cifra combinata di 4.200 cadaveri al giorno. Un’esagerazione, potreste dire. O forse il nostro uomo era solo prudente. Dopo tutto, le camere a gas sono poco costose. Tuttavia, siamo rimasti finora nell’ambito del possibile.

Ma esaminiamo quest’altro assillante problema: quello dello smaltimento dei cadaveri.

Secondo i testimoni, né Belzec né Sobibor avevano neppure un crematorio.

Decisero invece la soluzione delle sepolture di massa: per nove mesi pieni nel primo dei due campi, per cinque nel secondo. Poi, cambiarono idea, e decisero di riesumare e bruciare, all’aperto, tutti i cadaveri seppelliti – con una media di oltre 3.000 corpi al giorno.

L’incoerenza di tutto ciò parla da sé.

Così, a condizione di ignorare il problema (insormontabile) dello smaltimento, i due campi nelle loro (presunte) configurazioni iniziali, sembrano poter facilmente assolvere il compito. La loro capacità è del 200-400% superiore a quella richiesta per fare il lavoro in 18 mesi. Tutto ciò suggerisce che i nazisti avrebbero avuto la possibilità di accelerare le cose, di ultimare il raccapricciante progetto in nove mesi, o forse persino in sei, se la situazione lo avesse richiesto.

Ma le cose presero una svolta bizzarra solo pochi mesi dopo. Piuttosto che affrontare l’enorme problema dello smaltimento, Globocnik e la sua squadra presero invece due decisioni inspiegabili: (1) aumentarono la capacità di gasazione di entrambi i campi, e (2) decisero di costruire un terzo campo (Treblinka), di eguale capacità (tre camere), sempre però senza capacità di smaltimento.

L’assurdità di questa situazione è difficile da sottovalutare. La decisione di costruire Treblinka fu presa probabilmente in marzo o aprile (la costruzione iniziò in maggio), e la decisione di raddoppiare il numero delle camere di Belzec arrivò poco dopo[9]; lì, nel giugno del 1942, furono in funzione sei camere. E appena un mese più tardi, forse in luglio, la squadra di nazisti optò per raddoppiare le camere di Sobibor e, nello stesso tempo, per arrivare a sei (o forse a 10, dipende dai testimoni) camere di dimensioni doppie a Treblinka – che aveva appena iniziato a essere operativa.

Così, a settembre la situazione delle gasazioni era davvero sconcertante.

Supponendo un’attività di 24 ore su 24, Belzec avrebbe potuto gasare 14.000 persone al giorno (se il lettore pensa che stia esagerando, consideri questa affermazione dell’Holocaust Encyclopedia del 2001, a p. 178:

“Belzec fu il primo campo a essere dotato di camere a gas permanenti, che avevano la capacità di uccidere 15.000 persone al giorno”),

Sobibor, 11.500. e Treblinka, supponendo solo le sei grandi camere (32 metri quadri), una sbalorditiva media giornaliera di 23.000.

La somma totale: 49.000 gasazioni al giorno, massima capacità.

Al mese, tutto ciò arriva a quasi 1.500.000.

Ricordiamo, ancora una volta, il compito da assolvere: 4.200 [cadaveri] al giorno, o 130.000 al mese. Con il tasso suddetto, l’intero Governatorato Generale sarebbe stato svuotato di ebrei in 6 settimane, e l’intera zona di influenza del Reich – i 6 milioni – liquidata in quattro mesi[10].

Due ulteriori punti: primo, anche se i numeri suddetti vengono ridotti, non cambia l’assurdità della situazione. Ad esempio, se noi calcoliamo un abbondante ciclo temporale di 3 ore, e solo sei cicli al giorno, nel settembre 1942 la capacità combinata sarebbe stata ancora di quasi 25.000 [cadaveri] al giorno, o di circa 730.000 al mese – più di cinque volte la capacità richiesta.

Secondo: se noi confrontiamo le capacità con le (presunte) gasazioni effettive, il livello di esagerazione diventa sempre più evidente.

•Belzec ebbe un picco mensile di gasazioni (agosto 1942), in cui vennero liquidate 4.300 persone al giorno; in tutti gli altri mesi non si superarono mai le 2.700 unità giornaliere. E tuttavia la sua capacità era di oltre 14.000 al giorno.

•Il picco delle gasazioni di Sobibor vi fu proprio all’inizio, durante la fase delle sue tre camere, quando raggiunse un picco di 670 gasati al giorno – contro la sua capacità iniziale di 5.760. Dopo l’ampliamento a sei camere, la gasazione effettiva cadde sotto i 400 al giorno, pur se la capacità aumentò a 11.500.

•A Treblinka, la capacità giornaliera di 23.000 (o di 38.400, supponendo 10 camere) è paragonabile a una cifra “effettiva” media di 4.900 al giorno nei primi quattro mesi di operazioni. Ma durante il 1943, le cifre giornaliere non superarono mai il numero di 1.000: un mero 3-4% della capacità.

Tutto ciò comporta una ben misera pianificazione da parte della squadra di Globocnik – per non parlare della stupenda svista di non avere nessun piano per lo smaltimento dei corpi. Supponendo, cioè, che fossero vincolati allo sterminio.

È più probabile, naturalmente, che i tre campi furono installazioni di disinfestazione e strutture di transito. Essi sarebbero stati costruiti per disinfestare e ospitare temporaneamente gli ebrei e altri coscritti ai lavori forzati che erano in viaggio verso i campi di reinsediamento o i ghetti nei territori sovietici conquistati ancora più a est.

Le “camere a gas” citate dai testimoni sarebbero state sia vere docce, o camere di disinfestazione per vestiti e biancheria.

Ci si poteva aspettare solo un piccolo numero di morti accidentali, e così non c’era bisogno di piani per grandi quantità di corpi da smaltire – per quanto il numero reale potesse aver superato quelli previsti.

Proprio come ad Auschwitz, i campi dell’Aktion Reinhardt ebbero un’incredibile super-capacità di “camere a gas”, e un’incredibile sotto-capacità di crematori (o di altri piani appropriati di smaltimento). Nessuno avrebbe pianificato in modo intenzionale un tale schema.

La storia del giapponese che salvò 2000 ebrei

Una storia emersa dal passato. Nascosta tra le pagine e le fotografie ingiallite di un diario degli anni '40. Il diario di Tatsuo Osako, funzionario dell'ufficio del Turismo giapponese, che salvò più di 2000 ebrei dalle persecuzioni naziste.

Una vicenda venuta alla luce solo recentemente, grazie alle ricerche di un ex collega di questo Oskar Shindler nipponico incaricato di traghettare ebrei europei verso i porti giapponesi. Da dove salpavano verso la salvezza.


Tatsuo Osako, il funzionario giapponese che salvò 2000 ebrei dalla persecuzione nazista, nella foto insieme con una profuga su una nave nel Mar del Giappone

Foto e dedica lasciate nel 1941 da un profugo a Tatsuo per ringraziarlo
 
Akira Kitade, l'ex collega di Osako, mostra l'album delle fotografie e dediche. Grazie al suo lavoro la storia del funzionario giapponese è venuta alla luce

«Un ricordo per uno straordinario giapponese». La dedica, in polacco, è firmata Rozla
 
Un'altra dedica per l'Oskar Shindler nipponico
 
«Con tutto il mio cuore, Marie», è la dedica a Tatsuo di una profuga francese
 
Polacco, tedesco, norvegese e francese. Queste sono le lingue con cui gli ebrei scrivevano le loro dediche al loro salvatore
 
Ancora Kitade che mostra l'album dei ricordi di Tatsuo. Osako non è l'unico giapponese ad avere salvato ebrei dai campi di sterminio: Chiune Sugihara, diplomatico, è stato nominato "giusto tra le nazioni"
 

Corpi e anime - Il tragico destino di tre donne ebree


Quella che Isabel Vincent racconta è una storia vera e terribile, che trova le proprie radici nella tragedia dell'antisemitismo regalandoci tuttavia anche una luminosa speranza. "Corpi e anime" recupera dalla vergogna e dall'oblio il destino di alcune giovani donne ebree, cresciute nell'Europa Orientale, le quali, per sfuggire alla miseria e ai pogrom, abbandonano i villaggi e i ghetti urbani confidando in una sorte migliore. Finirono purtroppo nelle mani della Zwi Migdal, un'organizzazione criminale ebrea, che fino al 1939 avviò molte giovani alla prostituzione , destinandole alle case di tolleranza che gestiva a New York, in Sudafrica, in India e nel Sudamerica. Seguendo dalla Polonia al Brasile le tracce di tre di queste ragazze, Sophia Chamys, Rachel Liberman e Rebecca Freedman, l'autrice racconta una storia commovente. Perché le giovani "polacas", seppur ridotte in schiavitù, sfruttate e oltraggiate, seppero affrontare la loro sorte con dignità e fermezza: mantennero vivo il loro sentimento religioso, malgrado l'ostracismo della stessa comunità ebraica verso queste donne immorali, e costituirono una rete di solidarietà, la Società della Verità, fondata sull'amore, sul timor di Dio e sulla fiducia reciproca.

LA BANALITA' DEL MALE - HANNAH ARENDT


Resoconto lucido e riflessivo del processo che vide imputato e condannato a morte Adolf Eichmann, ritenuto responsabile di crimini contro il popolo ebraico e l’umanità dalla magistratura dello Stato di Israele per l’alta mansione di organizzatore logistico del sistema incaricato della raccolta e deportazione degli ebrei ai campi di concentramento e sterminio. Hanna Arendt analizza quello che, a cominciare dalla cattura avventurosa del burocrate nazista e dell’enorme richiamo internazionale, è un evento unico. Qual è il senso della condanna capitale di un solo uomo difronte all’olocausto di milioni di individui? Sotto che legge viene processato? Quale Corte imparziale lo giudica? Chi è Adolf Eichmann che si proclama solo un esecutore, e che ripete come tutti i nazisti che se non avesse obbedito sarebbe stato passato per le armi? Fino a che punto si può ritenere solo un funzionario al pari dell’ultimo scribacchino della Cancelleria del Reich? E perché non si può vedere in Eichmann lostesso comportamento del popolo tedesco che ha accompagnato entusiasticamente Hitler fino alla tragedia di entrambi? E compiere il male, può essere anche così banale come la firma posta in calce ad un documento di trasporto che porterà delle vite verso luoghi di annientamento?

Più trovare radici nella natura umana, il male “è proprio l'assenza di radici, di memoria, del non ritornare sui propri pensieri e sulle proprie azioni mediante un dialogo con se stessi, dialogo che la Arendt definisce due in uno e da cui secondo lei scaturisce e si giustifica l'azione morale, che uomini spesso banali si trasformano in autentici agenti del male. Ed è questa stessa banalità a rendere, come è accaduto nella Germania nazista, un popolo acquiescente quanto non complice con i più terribili misfatti della storia e a far sentire l'individuo non responsabile dei suoi crimini e senza il benché minimo senso critico.”

Julius Streicher

Uomo politico e giornalista tedesco,nasce a Fleinhausen, Baviera nel 1885. Fu uno dei membri fondatori del Partito nazionalsocialista e partecipò al fallito tentativo insurrezionale detto Putsch di Monaco, organizzato da Adolf Hitler nel 1923. Dal 1923 al 1945 fu direttore del giornale nazista "Der Stürmer", noto per i suoi violenti attacchi antisemiti; fu anche Gauleiter (governatore) del distretto amministrativo - in tedesco Gau - della Franconia. Fu processato come criminale di guerra a Norimberga e, riconosciuto colpevole,nel 1946 venne condannato a morte e giustiziato.


Albert Speer

Architetto e uomo politico tedesco,nato a Mannheim nel 1905,aderì al Partito Nazista nel gennaio 1931. In pochi anni la sua efficienza e il suo talento ne fecero uno dei favoriti di Hitler. Nel 1933 venne nominato architetto personale del Fhurer Il quale gli commissionò la costruzione di molti edifici,tra i quali il progetto dello stadio di Norimberga, sede del congresso del partito nel 1934, e la nuova cancelleria del Reich a Berlino (in seguito distrutta). Durante la seconda guerra mondiale, Speer divenne ministro per gli Armamenti e la produzione bellica(1942), e con il lavoro forzato dei soldati e dei prigionieri di guerra realizzò strade e roccaforti difensive. A partire dal 1944, resosi conto che la Germania avrebbe perso la guerra, cercò invano di persuadere Hitler ad accettare la resa; in seguito egli stesso dichiarò di aver pensato di assassinarlo. Al termine del conflitto venne processato per crimini di guerra dal tribunale di Norimberga, e fu condannato a vent'anni di reclusione, che scontò nel carcere di Spandau. Uscito dal carcere (1966) pubblicò le sue memorie, considerate un'importante testimonianza dell'epoca nazista. Morì a Londra nel 1981.

sabato 21 maggio 2011

Wilhelm Keitel

Feldmaresciallo tedesco, nasce a Helmscherode, Braunschweig nel 1882. Entrò nell'esercito nel 1901 e combatté come capitano nella prima guerra mondiale. Dopo la guerra rimase nelle forze armate del Reich( Reichswehr). Fù promosso al grado di colonnello nel 1931 e al grado di generale di divisione nel 1934. Sostenitore di Adolf Hitler, nel 1935 ricevette la nomina di capo del dipartimento amministrativo nel ministero della Guerra e nel 1938 ottenne il comando supremo di tutte le forze armate. Nominato feldmaresciallo nel 1940, comandò le forze tedesche sul fronte sovietico durante la seconda guerra mondiale. Quattro anni dopo (maggio 1945), fu uno dei firmatari della resa del Reich. Lo stesso anno venne arrestato con l'accusa di crimini di guerra e processato a Norimberga; riconosciuto colpevole nel 1946, fù condannato all'impiccagione.

Alfred Jodl

Nato a Würzburg nel 1890,il generale tedesco fù il consigliere di Hitler durante la seconda guerra mondiale. Ufficiale d'artiglieria durante la prima guerra mondiale, dopo l'ascesa al potere dei nazisti fu nominato ministro della Difesa e rimase in carica dal 1935 al 1939. Nel 1939 divenne capo di stato maggiore e, insieme a Wilhelm Keitel, fu uno dei principali responsabili della strategia bellica durante la guerra; diresse tutte le campagne tedesche tranne l'inizio dell'invasione della Russia. Nel maggio del 1945 firmò gli ordini di fucilazione per ostaggi e prigionieri di guerra. Membro del governo di Karl Dönitz, firmò la resa delle forze armate tedesche a Reims, in Francia. Processato e giudicato colpevole di crimini di guerra, il 16 ottobre 1946 fu giustiziato a Norimberga.

Reinard Heydrich

Nato ad Halle nel 1904,Reinard Heydrich,ufficiale tedesco detto "il Boia", fù tenente della Marina fino al 1931. Aderì quello stesso anno al Partito nazista,e nel 1933,quando Hitler divenne cancelliere,fù nominato capo della polizia a Monaco e incaricato del controllo del campo di concentramento di Dachau. Dal 1934 fu responsabile delle SS di Berlino, e poco tempo dopo fu nominato comandante in seconda, sotto Himmler, dell'intera organizzazione. Nel 1941 divenne viceprotettore del Reich in Boemia e in Moravia, guadagnandosi il soprannome di "Boia" per la spietatezza con cui governò quelle regioni. Il 27 maggio 1942 i partigiani cechi tirarono una bomba sulla sua vettura: Heydrich rimase ferito e morì qualche giorno dopo. Per vendicarsi, i tedeschi rasero al suolo il villaggio di Lidice, vicino a Praga, e ne massacrarono gli abitanti.


(Lidice)

Karl Dònitz

Nato a Grünau nel 1891,ufficiale della marina tedesca,fù creatore della flotta di sommergibili. Partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale sommergibilista, dove,nel 1918, fù prigioniero dagli inglesi. Dopo l'ascesa al potere di Hitler,a dispetto delle rigide disposizioni del trattato di Versailles, Dönitz sovrintese all'allestimento di una nuova flotta di sommergibili,. Dal 1936 comandante della flotta, organizzò l'offensiva sottomarina contro l'Inghilterra. Nel 1943 subentrò all'ammiraglio Raeder come comandante in capo della marina da guerra tedesca e nel 1945,venne nominato da Hitler, nell'ultimo testamento politico,suo successore alla presidenza del Reich, ministro della Guerra e comandante supremo. Il 2 maggio 1945 Dönitz assunse le nuove cariche sperando di stipulare un trattato con gli Alleati in funzione antirussa.Dovette invece sottoscrivere la resa incondizionata della Germania. Pochi giorni più tardi venne arrestato e il tribunale di Norimberga, durante i processi per crimini di guerra, lo condannò a dieci anni di reclusione. Morì a Amburgo nel 1980.

ERICH VON MANSTEIN

Nato nel 1887, decimo figlio di una famiglia dell’aristocrazia prussiana, è militare di carriera dal 1906. Nel 1940 si distingue per I’impatto delle sue forze corazzate nell’attacco del Gruppo d’armate A contro i franco-britannici. E' il maestro ineguagliato della guerra mobile tedesca. Durante l’operazione Barbarossa il suo gruppo corazzato avanza di 330 km. in soli quattro giorni. Nel 1941 assume il comando dell’XI armata (nel Gruppo d’armate Sud di von Rundstedt), con cui conquista la Crimea e si spinge fino al Caucaso. La conquista di Sebastopoli nel luglio 1942 gli vale il grado di maresciallo del Reich. In novembre assume il comando del Gruppo d’armate del Don operante intorno a Stalingrado. Dopo la resa di Paulus, nel marzo 1943 Manstein scatena, alla guida del nuovo Gruppo d’armate Sud, l’attacco tedesco intorno a Charkov, ottenendo un parziale successo.Teorico della guerra di movimento, cade in disgrazia presso Hitler quando le operazioni militari sul fronte russo esigono l’applicazione di quella che Manstein definisce una “difesa fluida” da opporre alla controffensiva dell’Armata Rossa. Dal marzo 1944 non prende più parte al conflitto. Condannato a 18 anni di prigione da un tribunale militare britannico nel 1949, ne sconterà soltanto quattro. Muore nel 1973.