sabato 1 ottobre 2011

Feingold, l'uomo che salvò gli ebrei attraverso le Alpi

Scampato a tre lager, scoprì la via per la valle Aurina. E racconta come.


Nell'estate del 1947 la valle Aurina fu teatro dell'esodo di oltre 5 mila ebrei verso la Palestina. I profughi provenienti dall'Europa centro-orientale lasciarono l'Austria attraverso il passo dei Tauri, a 2.633 metri di quota, uno dei pochi punti ove era possibile valicare il confine senza incontrare guardie di frontiera, e giunsero a piedi in Italia, da dove si imbarcarono verso la Terra promessa. L'associazione Alpine Peace Crossing ricorda ogni anno questo avvenimento con una marcia della pace, in programma quest'anno il 2 luglio. Questa via di fuga in alta montagna era stata individuata da Marko Feingold, un ebreo austriaco che durante la follia nazista era sopravvissuto a tre campi di concentramento: Auschwitz, Neuengamme e Buchenwald. Ancora oggi, a 98 anni, sprizza energia e gioia di vivere. Presiede ancora la comunità ebraica di Salisburgo ed è ospite fisso nelle scuole. «Dopo essere uscito da Buchenwald - racconta - sono finito a Salisburgo, dove sono entrato a fare parte dell'organizzazione Bricha (che in ebraico significa fuga, ndr)». Feingold parlava bene italiano e così organizzò il trasferimento verso l'Italia di ebrei, che sognavano una nuova vita nell'agognato Eretz Israel. «Non posso dire con esattezza quanti furono, potrebbero essere stati 100 mila», dice con un pò di orgoglio. La Palestina era allora sotto mandato inglese e gli Alleati, su pressione dell'Inghilterra, cercavano di bloccare già in Austria questo enorme flusso di persone sul loro viaggio di speranza. Il passo del Brennero divenne per loro presto invalicabili. Era dunque necessario individuare un'alternativa. «Diedi una occhiata alla cartina - racconta Feingold - e vidi che nella zona del passo dei Tauri il Salisburghese confina per una decina di chilometri con l'Italia. Individuai un ripido sentiero che portava in valle Aurina». Iniziò così l'esodo clandestino di ebrei, che in gruppi da 150 persone venivano accompagnati con dei furgoni all'ultimo rifugio prima del confine, il Krimmler Tauernhaus. «Gli americani, che controllavano la zona, facevano finta di niente - si ricorda l'anziano - e i gendarmi austriaci avevano ricevuto l'ordine dai loro superiori di "non guardare dalla finestra", quando udivano il rumore dei motori». Anche bambini, persone malnutrite e anziani dovettero affrontare l'impegnativa traversata senza la necessaria attrezzatura. Sul versante italiano, a Casere in valle Aurina, la Bricha aveva preso in affitto una pensioncina, il Gasthof Kasern. Con mezzi della Croce Rossa i profughi venivano portati prima a Merano, dove l'organizzazione gestiva un centro di ricovero, e poi a Genova e Ancona, ove si imbarcavano per la Palestina. L'esodo fu interrotto in autunno dalle prime nevicate. Con la proclamazione dello Stato d'Israele, nel maggio 1948, l'uso di questa via di fuga venne meno.

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